Simone Bellucco, Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie / Dipartimento di Medicina Animale, Produzioni e Salute, Università degli Studi di Padova
Alberto Mantovani, Istituto Superiore di Sanità (ISS)
Antonia Ricci, Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie
PERICOLI BIOLOGICI
Le evidenze scientifiche disponibili riguardanti i pericoli biologici che possono essere associati al consumo di insetti provengono raramente da studi ad hoc. Molti dati derivano infatti dallo studio degli insetti come organismi vettori e considerano le specie che ecologicamente hanno più probabilità di ricoprire questo ruolo negli allevamenti. Tale ruolo è stato ampiamente descritto in letteratura (WALES et al., 2010). Il ruolo degli artropodi (Musca domestica e Alphitobius diaperinus) come vettori di Salmonella e Campylobacter è, anche in questo caso, ampiamente dimostrato (AGABOU and ALLOUI, 2010; DAVIES and BRESLIN, 2003; GOODWIN and WALTMAN, 1996; HOLT et al., 2007; STROTHER et al., 2005; TEMPLETON et al., 2006) e contempla anche sierotipi rilevanti per la salute pubblica come ad esempio Salmonella Enteritidis (LEFFER et al., 2010). Alcuni autori, a seguito di studi in condizioni sperimentali, suggeriscono la possibilità che Campylobacter abbia una sopravvivenza limitata negli insetti (HAZELEGER et al., 2008; STROTHER et al., 2005; TEMPLETON et al., 2006). Il coleottero Alphitobius diaperinus è in grado di eliminare Salmonella in media per otto giorni (intervallo 6-12 giorni) e il 95% delle larve mantengono il batterio anche durante la metamorfosi (CRIPPEN et al., 2012). È possibile anche una trasmissione transovarica di batteri patogeni dagli insetti adulti alla loro progenie (DAVIES and BRESLIN, 2003).
La flora microbica degli insetti può essere composta da batteri appartenenti a diversi generi: Staphylococcus, Streptococcus, Bacillus, Proteus, Pseudomonas, Escherichia, Micrococcus, Lactobacillus and Acinetobacter (AGABOU and ALLOUI, 2010; AMADI et al., 2005; BRAIDE et al., 2011; GIACCONE, 2005). Nell’insetto fresco, allevato, (Tenebrio molitor, Acheta domesticus e Brachytrupes sp.) possono essere isolati batteri sporigeni ed Enterobacteriaceae (KLUNDER et al., 2012).
Gli insetti possono essere soggetti ad una contaminazione rilevante non solo durante i loro stadi vitali ma anche nelle fasi successive all’allevamento che precedono il consumo. In Kenya il decesso di cinque individui fu ricondotto all’ingestione di termiti contaminate con Clostridium botulinum e conservate sottovuoto durante i quattro giorni di trasporto (NIGHTINGALE and AYIM, 1980). Il botulino è stato anche considerato come responsabile della morte di tre persone in Namibia a seguito di un pasto a base di bruchi (SCHABEL, 2010).
Alcuni dati provenienti dalla neonata filiera di produzione degli insetti, benché non ancora pubblicati, sono disponibili nelle valutazioni del rischio condotte dalle autorità competenti per la sicurezza alimentare di Belgio e Olanda (Scientific committee of the FAFSC, 2014; Netherlands Food and Consumer Product safety authority 2014).
Tali dati descrivono elevate cariche di batteri aerobi, anaerobi e di Enterobacteriaceae in tarme della farina
(Tenebrio molitor), locuste (Locusta migratoria) e larve morio (Zophobas atratus).
I dati provenienti dalla valutazione del rischio Olandese riguardanti Tenebrio molitor, Alphitobius diapherinus e Locusta migratoria evidenziano una presenza di Enterobacteriaceae e batteri aerobi che supererebbe il criterio di accettabilità per le preparazioni di carni nella maggioranza dei campioni testati; per contro, un dato rassicurante è l’assenza di patogeni quali Salmonella, Clostridum perfringens, Vibrio ed una presenza di Bacillus cereus inferiore a 100 CFU/g nel 93% dei campioni testati.
Anche i parassiti rappresentano un possibile pericolo in relazione al consumo di insetti. L’importante ruolo di alcuni insetti come vettori biologici di infezioni protozoarie è noto nel caso della Tripanosomiasi (malattia di Chagas) e recentemente la via di trasmissione orale è stata rivalutata a seguito di alcuni casi legati all’ingestione di alimenti contaminati da insetti (PEREIRA et al., 2010). Gli insetti possono essere anche portatori di alcuni importanti patogeni di natura protozoaria come Entamoeba histolytica, Giardia lamblia, Toxoplasma spp. e Sarcocystis spp(GRACZYK et al., 2005).
La possibile presenza di elminti parassiti come i trematodi Lecitodendridi e Plagiorchidi è stata ben documentata in una revisione della letteratura riguardante le parassitosi intestinali dell’Asia orientale (CHAI et al., 2009).
Altro interessante esempio di parassita trasmissibile da insetto a uomo è rappresentato da Dicrocoelium
dendriticum. L’infezione può essere dovuta all’ingestione di formiche parassitate, mentre la “pseudoinfezione” è data dall’ingestione del fegato di animali infetti. In un’area peri-urbana del Kyrgyzstan è stata riscontrata una prevalenza dell’8% anche se il test diagnostico utilizzato non era in grado di distinguere tra infezione e pseudo-infezione (JEANDRON et al., 2011).
Casi sporadici di infestazione dal nematode Gongylonema pulchrum sono stati descritti nell’uomo con localizzazione sottocutanea, a seguito del consumo di insetti, in varie parti del mondo (MOLAVI et al., 2006). Nell’uomo la localizzazione è sottocutanea a carico della cavità orale come ben descritto in letteratura (WILSON et al., 2001).
Lieviti e funghi sono stati isolati in considerevoli quantità da insetti (edibili Tenebrio molitor e Locusta
migratoria) freschi, liofilizzati ed essiccati (FAFSC, 2014).
Inoltre l’importanza di un’appropriata preparazione, manipolazione, essicazione e conservazione è stata ulteriormente sottolineata da uno studio condotto in Botswana su alcuni lotti commerciali di mopane (Gonimbrasia belina: Saturniidae) (SCHABEL, 2010). Dalla stessa specie, essiccata in laboratorio, sono stati isolati alcuni funghi (Aspergillus, Fusarium, Penicillium) tra cui anche specie in grado di produrre micotossine (SIMPANYA et al., 2000).
L’ebollizione degli insetti (Tenebrio molitor, Acheta domesticus and Brachytrupes sp.) per 5 minuti si è confermata come un trattamento efficiente per eliminare le Enterobacteriaceae ma non i batteri sporigeni:
gli insetti bolliti costituiscono un prodotto da conservarsi a temperatura di refrigerazione (5-7°C) che si mantiene stabile per 2 settimane, differentemente dal prodotto fresco. Un altro studio ha mostrato che l’ebollizione a 100° per 8 minuti è stata in grado di ridurre la carica microbica totale e le Enterobacteriaceae a valori inferiori a 10 cfu/g (FAFSC, 2014).
L’arrostimento da solo non si è dimostrato efficace nell’eliminazione totale delle Enterobacteriaceae, quindi dovrebbe essere accoppiato ad un’ebollizione di qualche minuto (KLUNDER et al., 2012). Un altro studio condotto su Tenebrio molitor e Locusta migratoria ha dimostrato la capacità dell’essicazione in forno (11 minuti a 90°) di ridurre la carica aerobica totale di 2-3 gradi logaritmici e la carica di Enterobacteriaceae di 3-5 gradi logaritmici.
Uno studio su 55 campioni di insetti liofilizzati ha evidenziato una carica aerobica totale maggiore di 106 cfu/g nel 59% dei campioni e una carica di Enterobacteriaceae maggiore di 103 cfu/g nel 65%.
Clostridium perfringens, Vibrio e Salmonella non sono stati isolati e nel 93% dei casi Bacillus cereus è risultato inferiore a 100 cfu/g (Netherlands Food and Consumer Product safety authority, 2014).
La fermentazione si è dimostrata in grado di inattivare le Enterobacteriaceae e mantenere i batteri sporigeni residui stabili e a livelli accettabili (KLUNDER et al., 2012).
Recentemente anche l’impatto di tecniche moderne quali il trattamento con plasma e le pressioni idrostatiche si sono dimostrate efficaci nella pro cessazione di Tenebrio molitor.
L’associazione di alte pressioni idrostatiche (600MPa) e alte temperature (90°) ha prodotto le conte batteriche inferiori (RUMPOLD et al., 2014)
ALLERGIE
Diverse reazioni allergiche riconducibili al consumo di insetti sono state descritte in letteratura (BELLUCO et al., 2013). In Cina si stima che circa 1000 persone manifestino ogni anno reazioni anafilattiche conseguenti l’ingestione di larve di Bombyx mori anche in soggetti che consumavano tali insetti per la prima volta (JI et al., 2008). Inoltre casi di shock anafilattico sono descritti anche a seguito dell’ingestione di cavallette e grilli in Thailandia (PENER, 2014). La reattività crociata tra allergeni di origine diversa è stata descritta. La tropomiosina e l’arginina kinasi infatti rappresentano proteine altamente conservate a livello filogenetico in diverse classi di artropodi e possono essere responsabili di reazioni crociate a seguito dell’ingestione di insetti in persone allergiche a crostacei o acari della polvere (Der p 10) (LEUNG, et al., 1996; LIU et al., 2009; VERHOECKX et al., 2014).
Altro interessante dato riguarda il rosso carminio (E120), colorante estratto dal corpo essiccato di insetti femmina (Dactylopius coccus Costa/Coccus cacti L.) e utilizzato nell’industria alimentare, che è stato riconosciuto come causa di reazione allergiche e shock anafilattico (DICELLO et al., 1999; KAGI et al., 1994).
PERICOLI CHIMICI
L’identificazione di potenziali rischi tossicologici per la valutazione e gestione del rischio degli insetti destinati a consumo umano deve prendere in considerazione diversi aspetti: la biologia della specie oggetto di interesse (ciclo vitale, metamorfosi, produzione endogena di sostanze velenose), le caratteristiche dell’allevamento e dei successivi processi produttivi.
Per quanto riguarda gli aspetti biologici, non è possibile prescindere dalla chiara identificazione della specie di interesse, né tantomeno pensare a caratteristiche comuni e facilmente trasponibili da una specie ad un’altra.
L’Autorità belga in un documento recente (2014) elenca 11 specie edibili presenti sul mercato belga (nel 2011), vale a dire, tre specie di grillo, due di cavallette, due di lepidotteri e quattro specie di larve della farina o tenebrioni (coleotteri): questo scenario, seppur limitato, mostra già una “biodiversità” paragonabile a quella delle specie di mammiferi normalmente consumati in Euro pa (FASFC, 2014) e non può risolversi nell’utilizzo di una categoria di identificazione delle dimensioni della classe Insecta. Infatti le grandi differenze di anatomia, metabolismo e alimentazione esistenti nelle specie di insetti sono potenzialmente rilevanti per la valutazione del rischio chimico; ad esempio, eventuali diversità nella capacità di accumulare e/o metabolizzare sostanze tossiche hanno un diretto rilievo per l’esposizione del consumatore. Inoltre, le specie di insetti edibili possono richiedere alimentazione e metodi di allevamento, un altro fattore che può influenzare l’esposizione a contaminanti. Oltre alle diverse specie devono essere considerati anche i diversi stadi del ciclo vitale (adulto, larva, uova) di interesse commerciale e alimentare. Le marcate differenze tra larve e adulti possono ripercuotersi negli aspetti di sicurezza alimentare, compresa la produzione di sostanze indesiderabili endogene (per esempio, allergeni) o la capacità di metabolizzare sostanze tossiche. Inoltre, come è noto, alcuni insetti possono produrre sostanze tossiche, prevalentemente a scopo difensivo, come acidi di carbonio, alcoli, aldeidi, fenoli. Queste sostanze, irritanti a livello locale, possono in alcuni casi avere una significativa tossicità sistemica, come nel caso di alcaloidi, steroidi o chinoni cancerogeni prodotti dai tenebrioni. Il caso dei chinoni sottolinea l’importanza dello stadio biologico, in quanto essi vengono prodotti solo dagli individui adulti, ma non dalle larve che spesso rappresentano lo stadio edibile.
Data l’attuale mancanza di “limiti di tolleranza” per l’assunzione orale di sostanze tossiche “endogene”, le specie di insetti o gli stadi biologici che producono tali sostanze non dovrebbero, in linea di principio, essere allevati per produrre alimenti o mangimi.
In alternativa, efficaci procedure di rimozione delle sostanze tossiche andrebbero validate e applicate di routine all’interno di un programma HACCP.
Oltre agli aspetti biologici, anche gli aspetti legati all’allevamento meritano un’attenta considerazione.
Infatti, la rilevanza di sostanze esogene (pesticidi, inquinanti lipofili, altre sostanze bioaccumulabili, residui di farmaci) dipende dalle caratteristiche metaboliche dell’insetto allevato, ma anche dalle metodologie di allevamento.
La bioconcentrazione di elementi tossici, come il piombo e il cadmio, sembra il rischio tossicologico più evidente per la sicurezza degli insetti come alimenti o mangimi. Uno studio recente ha dimostrato il possibile bioaccumulo di metil-mercurio (MeHg) nelle libellule, con significative differenze tra le specie e gli stadi biologici oggetto di indagine, e una conseguente alta probabilità di trasferire notevoli quantità di MeHg ai loro predatori (BUCKLANDNICKS et al., 2014).
Il problema del bioaccumulo di elementi tossici può essere particolarmente evidente quando residui organici e materiali affini sono utilizzati per l’alimentazione degli insetti, magari con l’intento di aumentare la sostenibilità economica e ambientale dell’allevamento.
Sulla base dei dati disponibili, il bioaccumulo di elementi tossici può essere particolarmente elevato in alcuni tessuti (esoscheletro, sistemi riproduttivo e digestivo) e può variare in modo significativo con gli stadi biologici e le mute. Nel complesso, considerando la rilevanza per la sicurezza dei consumatori, la presenza di elementi tossici negli insetti edibili e nei loro prodotti è un aspetto di primaria importanza che deve essere approfondito con ulteriori ricerche.
Una questione correlata è rappresentata dal possibile accumulo, a partire da substrati alimentari, di alcuni elementi nutrizionalmente essenziali a dosi molto basse, ma che possono diventare tossici se assunti in dosi superiori (selenio, cobalto, molibdeno, etc.). Diversi studi ecotossicologici mostrano la capacità di alcuni insetti erbivori di accumulare elementi come rame, molibdeno e zinco (MANN,2011). Per tali elementi sono già in vigore nell’UE livelli massimi autorizzati nei mangimi. Tuttavia, ulteriori ricerche sono necessarie per valutare l’appropriatezza dei livelli attuali anche per l’alimentazione degli insetti edibili.
Oltre al metilmercurio, anche altri inquinanti con notevole potenziale tossico, organostannici e composti perfluoroalchilici, possono concentrarsi in alcuni membri del Phylum Arthropoda, come i crostacei marini edibili. È importante verificare l’eventuale presenza di tali composti, di elevata persistenza ambientale, anche in substrati o ambienti di allevamento per determinare la possibilità di concentrazione anche negli insetti.
Alcuni insetti edibili come le cavallette e i tenebrioni sono alimentati completamente o in parte con vegetali freschi. I residui di pesticidi, presenti in tali verdure entro i limiti massimi di residui stabiliti per i consumatori, potrebbero danneggiare la salute degli insetti allevati: la tossicità dei pesticidi per gli artropodi non bersaglio è stata recentemente considerata dall’EFSA, pur senza alcun riferimento specifico agli insetti edibili (EFSA, 2015). In esperimenti controllati, le larve di tenebrioni hanno mostrato uno scarso bioaccumulo del triazolo epossiconazolo (LV et al., 2014) ma sono stati in grado di accumulare il fenilamide metalaxil (GAO et al., 2013). Come nei vertebrati, il potenziale di bioaccumulo è in parte dovuto alle proprietà chimiche di un dato pesticida.
Tuttavia, non ci sono informazioni sull’eventuale capacità di insetti edibili di bioaccumulare residui di pesticidi in scenari realistici. L’utilizzo di vegetali freschi può comportare inoltre l’esposizione a sostanze tossiche naturali di notevole importanza per la salute degli insetti, quali micotossine o alti livelli di sostanze bioattive vegetali (glucosinolati, isoflavoni, tannini).
Infine, il potenziale assorbimento di metalli tossici e di altri inquinanti da parte degli insetti attraverso l’ambiente di allevamento (polvere, lettiera) non sembra aver ricevuto alcuna attenzione: tuttavia esso rappresenta una problematica da approfondire.
Analogamente agli altri animali produttori di alimenti, anche gli insetti allevati possono richiedere trattamenti farmacologici per contrastare le possibili infezioni. Antibiotici, fungicidi e farmaci antiprotozoari, pertanto, potrebbero rappresentare possibili trattamenti da somministrare con il mangime, l’acqua e/o per nebulizzazione. Tuttavia, non vi sono dati per valutare le dosi massime di trattamento, i livelli massimi di residui e i tempi di sospensione.
Infine, particolare importanza è rivestita dal tipo di prodotto che si vuole ottenere. Se si tratta di prodotti
derivati (farine, estratti di proteine, grassi, etc), infatti, bisogna considerare il relativo bioaccumulo in relazione alle caratteristiche dello specifico prodotto.
A titolo di esempio, se gli insetti potrebbero, di per sé, avere un modesto potere di bioaccumulo degli inquinanti lipofili (diossine, PCB, PBDE, etc.), tali concentrazioni, tuttavia, potrebbero aumentare notevolmente nei grassi estratti.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
L’identificazione dei pericoli presenti nelle specie di insetti potenzialmente edibili costituisce un elemento fondamentale nella definizione del rischio associato al consumo di un nuovo alimento e rappresenta l’elemento base per la creazione di una filiera produttiva in grado di gestire efficacemente tali pericoli. La futura filiera derivante dal riconoscimento degli insetti come alimenti deve prevedere, in ogni sua fase, la necessità di prevenire– ove possibile – e controllare i pericoli identificati attraverso l’applicazione di misure utili alla riduzione del rischio per il consumatore finale e gestire in modo corretto il prodotto finito. Alcuni operatori ritengono che la sicurezza dell’alimento a base di insetti possa essere raggiunta con il ricorso a processi di produzione in grado di abbattere drasticamente la carica microbica. Questa possibilità, seppur realistica, ha diverse limitazioni. Non si conoscono ad oggi processi in grado di ridurre i pericoli chimici o associati ad allergeni che devono pertanto essere affrontati attraverso la conoscenza e selezione delle specie edibili e il controllo di mangimi e materie prime. I trattamenti intensivi possono avere controindicazioni, quali l’impatto sfavorevole sulle caratteristiche nutrizionali dell’alimento.
Inoltre, i consumatori tendono a preferire alimenti poco processati, quindi la via del trattamento intensivo
potrebbe riscontrare alcuni ostacoli commerciali.
Per concludere, è possibile fare alcune considerazioni utili per guidare lo sviluppo del settore alimentare
tenendo conto delle esigenze di sicurezza dei nuovi alimenti definite dalla normativa europea, che non devono più essere viste come ostacoli da evitare, ma come strumenti utili alla produzione di alimenti di qualità.
Va tenuto conto della “biodiversità” esistente fra le specie di insetti edibili, ciascuna delle quali può meritare una considerazione specifica, analogamente ai mammiferi produttori di alimenti. Diverse specie di insetti (con le rispettive caratteristiche di alimentazione e allevamento) e diversi stadi biologici all’interno della stessa specie probabilmente richiedono specifici piani di autocontrollo in grado di identificare e gestire i rischi tossicologici e microbiologici.
In particolare la biodisponibilità e il bioaccumulo di contaminanti e residui nelle principali specie di insetti edibili (e loro stadi biologici) rappresenta una critica lacuna conoscitiva.
Il potenziale uso di farmaci, come gli antibiotici, durante le fasi di allevamento deve basarsi sulla definizione, ottenuta mediante dati scientifici, di dosi massime di trattamento, di livelli massimi di residui e di tempi di sospensione.
Il substrato di allevamento deve essere caratterizzato da un punto di vista chimico e microbiologico, al fine di prevedere il possibile trasferimento e accumulo di sostanze tossiche nonché la contaminazione microbiologica potenzialmente trasferibile agli insetti.
Occorre considerare la definizione di specifiche soglie tollerabili per inquinanti prioritari (ad es., alcuni elementi tossici) e i microrganismi patogeni o indicatori negli insetti edibili e loro prodotti, nonché nei mangimi destinati all’allevamento degli insetti.
La definizione di tali livelli richiede studi mirati a rispondere ai requisiti della legislazione, specifiche disposizioni normative, nonché strumenti per la loro attuazione, ad esempio metodi analitici di riferimento validati.
Fonte: ATTI DELLA ACCADEMIA NAZIONALE ITALIANA DI ENTOMOLOGIA Anno LXIII – 2015