di Betta Andrioli
Gli insetti sono stati mangiati tradizionalmente in tutta la storia dell’essere umano, da una notevole parte della popolazione mondiale. Nei paesi occidentali invece gli insetti sono comunemente considerati come parassiti, e addirittura la loro presenza negli alimenti è indesiderata ed evitata come potenziale fonte di contaminazione. Due culture, due mondi quindi, che in questo periodo storico stanno cercando di incontrarsi per risolvere problemi globali. Un incontro che parte però da un aspetto fondamentale: quello della sicurezza. Quali sono infatti i rischi che un’alimentazione di questo tipo potrebbe comportare?
Ci aiuta a capire questo delicato aspetto Antonia Ricci, Direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, che sottolinea come “i rischi identificati possono essere prevalentemente biologici, chimici e allergologici. I primi due dipendono in larga parte dal substrato usato per l’alimentazione degli animali ma anche dalle tecniche di processazione nelle fasi successive della filiera le quali possono avere un ruolo favorevole nella riduzione dei rischi biologici mentre possono accentuare o introdurre alcuni rischi chimici, contaminanti di processo come ad esempio gli IPA – idrocarburi policiclici aromatici, sostanze che possono contaminare diversi tipi di alimenti”.
In generale quindi, dal punto di vista microbiologico, occorre prestare attenzione ad agenti patogeni sporigeni come Clostridium e Bacillus. Dal punto di vista chimico è importante essere sicuri circa le caratteristiche del substrato in termini di residui chimici, prevalentemente metalli pesanti così come prestare attenzione alle tecniche di lavorazione. Dal punto di vista allergologico è importante prestare attenzione, informando il consumatore, sia a sensibilizzazione verso proteine specifiche deli insetti sia a cross reazioni con allergeni noti come ad esempio quelli dei crostacei.
Alla base di questo tipo di “nuova” (vecchissima) alimentazione un percorso non solo di ricerca e sviluppo quindi, ma anche di consapevolezza personale nell’ottica di una nuova salute sempre più sostenibile.